L’ennesima manifestazione tenutasi a Taranto lo scorso 22 maggio, contro lo stallo che caratterizza il siderurgico di Acciaierie d’Italia, non può continuare a vedere gli Organi dello Stato distratti ed inconcludenti, atteso che i reiterati interventi dei rappresentanti locali della politica sembrano non incidere né orientare verso decisioni definitive.
Si è, infatti, come in un limbo in assenza di soluzioni, dopo quel 26 luglio 2012, giorno del sequestro degli impianti.
Da quel momento si è ingenerato, nella comunità ionica, un clima di tensioni, di rabbia, di sfiducia istituzionale, di incertezza, di scontro sociale, acuendo un conflitto che non dovrebbe più avere cittadinanza nel nostro Paese, tra diritto alla salute e diritto al lavoro, sanciti entrambi dalla Costituzione.
Va, perciò, superata la contraddizione più che evidente di un Governo che da un canto istituisce un Ministero della transizione ecologica, dall’altro sembra aver abbandonato a se stesso proprio quel sito produttivo grazie al quale, viceversa, esso dovrebbe dimostrare coerenza istituzionale, per il fatto di dichiararlo ad ogni pie’ sospinto strategico per il sistema Paese e, poi, anche di esserne comproprietario.
Tale distrazione penalizza migliaia di dipendenti diretti e indiretti e le rispettive famiglie, con redditi da più anni decurtati al limite della povertà e in cassa integrazione pressoché perenne; inoltre, irride anziché riscontrare le attese di una città e di un territorio in pena per la salute, specie quella dei propri figli.
E non aiutano, al riguardo, la serie di pubblicazioni contraddittorie in ordine ai dati di inquinamento ambientale, ovvero tra chi ne denuncia il peggioramento e chi ne evidenzia miglioramenti grazie agli investimenti effettuati.
Fatto sta che la comunità non trova pace!
Il sindacato, tra stati di agitazione, scioperi, denunce, tentativi di aprire tavoli contrattuali, audizioni in commissioni parlamentari su salute e sicurezza – laddove con la nostra Fim Cisl, abbiamo focalizzato lo stato dell’arte in fabbrica – si conferma unico riferimento per i lavoratori, con la consapevolezza che esso non è organo legislativo bensì di rappresentanza e tutela.
Ebbene, se della contrattazione si è persa traccia in quella realtà produttiva, a valle degli innumerevoli decreti emessi per salvare la fabbrica, ad oggi l’unico atto di responsabilità che dovrebbe assumersi il Governo è il varo di una Legge speciale per l’exIlva di Taranto, così da scongiurare e rimuovere i semi di una tragedia economica, produttiva, ambientale, occupazionale, sociale che sarebbe oltremodo letale per l’area ionica, per la Puglia, per il Mezzogiorno, per il Paese.
Altrettanto necessario sarà riportare ai tavoli contrattuali l’azienda, il Governo, i sindacati, per recuperare lo spirito e la lettera che caratterizzarono l’accordo del 6 settembre 2018, unico atto capace di delineare un percorso certo, chiaro e credibile, che poneva i costi di risanamento a carico dell’azienda e non sulla collettività e soprattutto non lasciava indietro nessuno, lavoratori diretti, indiretti e in AS.
Sarà che proprio per questo non è mai decollato?
E disorienta non poco che, oggi, anche i Commissari straordinari di Ilva in AS abbiano dichiarato che il closing dell’accordo di investimento tra Arcelor Mittal Holding Srl, Arcelor Mittal Sa e Invitalia non si concluderà entro il 31 maggio prossimo, come inizialmente previsto e che, anzi, si andrà verso una proroga dello stesso al 2023, con ciò aggiungendo incertezza ad incertezza.
Per questo, istituzioni, politica, rappresentanti del Consiglio regionale pugliese, parti sociali, facciano fronte comune per spingere il Governo a porre fine a questa agonia, a fare una operazione verità sul piano industriale ed occupazionale e, soprattutto sui destini di una fabbrica che coinvolge circa 18mila lavoratori tra diretti, in AS e indiretti.
La responsabilità istituzionale non può più lasciare spazi ad equivoci ed incertezze.
Lo Stato restituisca fiducia a questo territorio, senza perdere ulteriore tempo, anche considerando che la pandemia e la guerra in Ucraina stanno già mettendo duramente alla prova l’economia ed il sistema produttivo dell’intera nazione dalla quale, ovviamente, Taranto non è esclusa.
Ormai è evidente che senza il coraggio e la responsabilità del Governo, di assumere decisioni risolutive e chiare, si rischierebbe solo di scatenare qui un conflitto sociale con esiti incerti ed imprevedibili, sui destini presenti e futuri di una comunità fortemente esasperata.
di Gianfranco Solazzo – Segretario Generale Cisl Taranto Brindisi
Taranto, 25 maggio 2022