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Taranto: just transition fund e Tecnopolo, binomio per una svolta possibile!

Rilanciare un nuovo meridionalismo significa acquisire uno spirito di sistema tra territori, per recuperarne le fragilità economiche, quelle sociali e, persino, per respingere striscianti istinti secessionisti malcelati nel recente Ddl autonomie.

Dallo spopolamento alla denatalità, dalle migrazioni di giovani per studio o per lavoro  all’insufficienza di servizi in materia di welfare, dalla difficoltà di creare concrete alternative all’attuale sistema produttivo industriale pesante – al servizio del Paese – all’improbabile sviluppo della portualità concepita in una logica di alternativa allo stesso sviluppo industriale: ecco alcuni esempi di criticità che dovranno determinare chiare scelte politiche ed istituzionali, dal centro alla periferia.

Il Just Transition Fund (JTF), approvato nel Piano nazionale il 16 dicembre 2022, assegna al piano territoriale di Taranto 795,6mln e mette in chiaro rilievo la situazione produttiva ed occupazionale correlata al“sequestro dell’impianto di Acciaierie D’Italia nel 2012”che ha determinato un crollo delle attività economiche, così ripartite: -7,2% di addetti nell’industria in senso stretto dal 2012 al 2018 ed il -38,7%  di merci transitate nel porto nel  2020.

E precisa, inoltre, che  nei sette anni di sospensione dell’attività (2012-2019), si sono persi circa 23 miliardi con una incidenza secca sul PIL nazionale compresa tra i 3 ed i 4 miliardi.

Con una ricaduta diretta e pesante sul livello di ricchezza del territorio, già caratterizzato da bassi tassi di imprenditorialità, se solo si prende a riferimento la bassa natalità di Pmi, la elevata mortalità d’impresa giovanile (dal 2011 al 2020 – 22,4%) e lo scarso numero di nuove start up (tra il 2015 e il 2020 solo 1,07 star tup/anno ogni 100.000 abitanti, metà della media regionale e 1/3 di quella nazionale).

La transizione in atto potrebbe, dunque, così come indicato sempre dallo stesso piano territoriale sul JTF, portare ad una perdita occupazionale valutata tra 1.300 e 5.200 lavoratori diretti, cui si aggiungerebbero ulteriori 1.500 posti di lavoro nella filiera del carbone e della produzione dell’acciaio.

Non appaia secondario, dunque, far riferimento ai dati sull’abbattimento del traffico portuale di merci e rinfuse solide, allorquando si ferma il sistema industriale ionico (Eni ed ex Ilva), atteso che non esistono porti al mondo in grado di mirare allo sviluppo prescindendo da un tessuto industriale che lo implementi.

Ebbene, acquisire uno spirito di sistema a rete vuol dire anche scongiurare il rischio che chicchessia si candidi ad avere un proprio traffico merci o un proprio traffico crocieristico, ancor peggio un proprio centro dell’idrogeno o un player esclusivo che sviluppi ricerca innovativa sull’energia rinnovabile, una propria realtà riservata sull’agro-alimentare e, persino, una propria cantieristica navale.

Sarebbe opportuno, al contrario, mettere insieme le forze e le professionalità che comunque possiedono le Autorità portuali e le ZES dei territori che, oltre a Taranto, potrebbero essere parte del Masterplan della Terra d’Otranto, ovvero Brindisi e Lecce, confrontando e condividendo progetti, programmi, idee.

Ancor meglio sarebbe elaborare una strategia della portualità pugliese da candidare a sistema, magari in un contesto meridionale più ampio, scongiurando inefficaci concorrenze.

Auspichiamo un reale dibattito, in tal senso, da parte di tutto il quadro politico ed istituzionale che rilanci convintamente anche il progetto dell’Istituto di Ricerche Tecnopolo del Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile con sede assegnata a Taranto che, ricordiamo ancora una volta, è stato istituito con la L.n. 145/2018 (Legge di stabilità) e successivo DPR n. 195 dell’11 settembre 2020 relativo al regolamento di approvazione dello Statuto.

L’importanza finora riservata al tema della governance di tale Istituto non può ignorare la rilevanza strategica della sua mission istituzionale che è quella  di studio, di ricerca, di accompagnamento di uno sviluppo sostenibile dei nostri comparti industriali e non solo, per una reale transizione che, deve essere chiaro per tutti, rimetterà in gioco processi, prodotti, competenze, lavoro, materiali,

Riguarderà, insomma, l’intero sistema di sviluppo del nostro Sud e riporterà al centro il ruolo del Mediterraneo.

Con il Tecnopolo potrebbero realmente affiorare professionalità ed eccellenze in grado di portare l’intero sistema produttivo ionico e dell’intero Mezzogiorno, al centro di uno sviluppo socio economico che è tutto da riconquistare.

Sia chiaro, però, che non sono più sufficienti i proclami o le dichiarazione di intenti futuribili ma fatti concreti da parte delle istituzioni, a tutti i livelli, che sollecitiamo ancora una volta a valorizzare il dialogo con il partenariato sociale, rendendone esigibili gli obiettivi condivisi.

di Gianfranco Solazzo – Segretario Generale Cisl Taranto Brindisi

Taranto, 27 febbraio 2023