Taranto, Brindisi e le connesse opportunità di nuovo sviluppo sostenibile
Correva l’anno 2019 e con il Green deal europeo venne lanciato uno specifico messaggio all’intera Europa: fare presto e fare bene su clima, ambiente, energia, nuove tecnologie, innovazione, ricerca, competitività, crescita.
Da una parte gli Stati Uniti d’America e dall’altra la Cina, erano potenze globali con le quali la stessa Europa avrebbe dovuto trovarsi a competere, perché l’ombrello protettivo Nord americano, prima o poi, avrebbe lasciato spazio ai propri interessi di parte.
Il Covid-19 prima, l’invasione russa dell’Ucraina e la successiva escalation della guerra in Medio Oriente dopo l’attacco efferato di Hamas ad Israele, a cui oggi si aggiunge anche il rovesciamento del regime di Assad in Siria, hanno prodotto una ulteriore destabilizzazione che, più che rafforzare la solidarietà globale pare incentivi tuttora egoismi, continentali e nazionali, ripiegati sulle rispettive convenienze commerciali e tecnologiche.
L’avvento di Trump come Presidente della prima potenza mondiale ed il suo “America first” (prima l’America) sembra dover confermare tale opzione.
Ora: perché far riferimento alla geopolitica globale se dobbiamo pensare a come far crescere due realtà così piccole rispetto all’immenso panorama, cioè Taranto e Brindisi ?
Per un semplice teorema: perché tutto è connesso!
Potremmo mai pensare che siderurgia, energia, chimica, aerostrutture e aerospazio, automotive, portualità, turismo, agroalimentare, insomma gran parte del settore manifatturiero e dei servizi collegati, possano restare avulsi dai nuovi equilibri geo-politici mondiali?
Potremmo citare tanti esempi ma lasciamone passare uno: verso gli USA la Regione Puglia, solo per Agroalimentare e Componentistica, esporta per circa un miliardo di euro e sono settori, questi, che caratterizzano in maniera significativa proprio le province di Brindisi e di Taranto.
Ed allora: c’è o no necessità di un forte scatto di reni per queste due realtà storicamente caratterizzate da imponenti assetti industriali, con pregi e difetti, poste oggi di fronte ad un bivio?
Laddove, cioè, da una parte esiste un percorso che comporterebbe impoverimento economico e generazionale ed un altro con opportunità capaci di invertire una tendenza che al momento è alle prese con preoccupanti criticità di natura economica, produttiva e sociale.
Non c’è dubbio che lo stato di salute di Taranto passi dai destini societari dell’ex Ilva e del tanto atteso Piano industriale che sarà elaborato da chi ne prenderà le redini, dopo oltre dieci anni di insipienza politica che, su tale vertenza, hanno manifestato tutti i Governi alternatisi alla guida del Paese.
Una realtà simile a questa del siderurgico ionico, intorno alla quale gravitano oltre 15mila lavoratori con le relative famiglie, non può essere considerata come una delle tante problematiche da risolvere, giacché essa rimane la questione-madre per l’ambiente, l’occupazione, il lavoro; insomma per l’intero sistema socio-economico del territorio.
E non va trascurato che l’acciaio volenti o nolenti costituisce una delle materie prime più utilizzate nel manifatturiero.
Pensiamo alle necessità di acciaio per la produzione legata agli impianti dell’eolico offshore per la costruzione di lamiere strutturali, turbine, piattaforme, pale eoliche innovative, sistemi di accumulo.
A tal riguardo ricordiamo la presenza già di grandi player della produzione di pale eoliche innovative, come Vestas a Taranto che ha inaugurato la pala eolica più grande al mondo, così come risulta essere ancora presente un altro progetto simile, già autorizzato, di ACT Blade a Brindisi.
E che dire anche del programma di Nadara e BlueFloat Energy, che solo in Puglia ha previsto investimenti per 7,5 mld sull’eolico offshore?
Insomma, non mancherebbe certo la domanda in tal senso se, ovviamente, la produzione dell’acciaio dello stabilimento tarantino fosse tarata anche su una qualità compatibile con tali filiere, che puntano ad uno sviluppo sostenibile e sempre più in crescita.
Considerando, peraltro, che gli importanti investimenti previsti in Puglia dal Programma Energetico Ambientale Regionale (PEAR) per circa 7 Gigawatt di rinnovabili e che vedono l’interesse di grandi player dell’energia, sia su Taranto che su Brindisi, potrebbero garantire l’energia necessaria per il processo di decarbonizzazione dello stesso stabilimento siderurgico.
Per questo abbiamo più volte proposto di posizionare le nostre realtà come un Distretto industriale che punti addirittura ad esportare know-how.
Perché se a Charleroi (Belgio) Arcelor Mittal fornisce acciaio green (con forni elettrici alimentati da energia eolica), un tale progetto non potrebbe essere preso in considerazione in questa parte del Mezzogiorno d’Italia?
E poi ancora, non trascurabile risulta la cantieristica navale, altro settore utilizzatore di acciaio, che sta riconquistando forti interessi produttivi in entrambi i territori.
La transizione industriale ed energetica assume valore se si allarga lo sguardo da una visione settoriale ad una visione d’insieme, per uno sviluppo condiviso tra settori e, perché no, anche tra i due territori, le cui criticità possono trasformarsi in eccezionali opportunità.
Traendo spunto da queste valutazioni, siamo stati i primi come Cisl Taranto Brindisi ad intervenire pubblicamente affinché si prendesse in seria considerazione l’opportunità offerta dal DL Energia n.181/2023 (convertito con la L.11 del 2 febbraio 2024), che ha previsto l’individuazione di due aree portuali del Mezzogiorno, con i relativi specchi d’acqua, destinate a infrastrutture di cantieristica navale (a fini di produzione, assemblaggio e varo di piattaforme galleggianti) per l’eolico offshore.
A tal riguardo, successivamente è stato presentato un emendamento, da noi subito apprezzato, con cui sono state proposte proprio le aree portuali di Taranto e Brindisi.
Bene: dare conseguenza a tali investimenti potrebbe, tra l’altro, rivelarsi una opportunità per i 330 lavoratori ex TCT, in carico all’Agenzia del lavoro portuale di Taranto, la TPWA, per i quali l’indennità di mancato avviamento è in scadenza a fine mese e per cui auspichiamo una proroga e, soprattutto, che si dia seguito a corsi di formazione idonei a mettere in sintonia competenze e nuove opportunità lavorative e produttive.
D’altro canto, il sopra richiamato investimento sulla cantieristica navale per l’eolico offshore, rappresenterebbe una speranza anche per i lavoratori diretti ma, in particolar modo, dell’appalto e dell’indotto che a Brindisi rischiano di essere espulsi definitivamente dal mondo del lavoro, sia per il phase out dal carbone inerente alla Centrale Enel, sia per le criticità connesse al settore farmaceutico e quello della chimica di base, quest’ultimo in procinto di smantellamento.
A tal proposito, abbiamo sempre rivendicato responsabilità sociale da parte delle grandi società partecipate dallo Stato, come Enel ed Eni, affinché siano protagoniste sul territorio di Brindisi, non solo di una transizione energetica e industriale, ma anche sociale.
Il Tavolo di coordinamento sulla decarbonizzazione per Brindisi deve ancora esprimere la sua strategia di diversificazione economica del territorio, riempiendo di contenuto il tanto atteso Accordo di programma, con cui dar vita agli investimenti (13 quelli enunciati) chiarendo chi fa cosa e con quali risorse finanziarie.
Quindi, c’è un cantiere aperto che esemplifica quel bivio cui abbiamo fatto riferimento all’inizio, che può traghettare le economie di due territori accomunati da una transizione energetica ed industriale che deve trasformarsi, a nostro parere, in un rilancio produttivo per una crescita ed uno sviluppo sostenibile.
Uno sviluppo, cioè, che dia speranza a quanti soffrono la mancanza di reddito o il cui sostegno economico rivenga esclusivamente da ammortizzatori sociali; e, inoltre, a quanti un lavoro ce l’hanno ma sono soggetti a processi di riqualificazione e di ricollocazione lavorativa.
Una speranza che va riempita di contenuto ed organizzata soprattutto per i tanti giovani i quali, spesso per forza maggiore, emigrano per studio o per lavoro.
Fenomeno, questo, che insieme alla denatalità, sta producendo lo spopolamento delle nostre comunità.
Secondo l’Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali (IPRES), le città di Taranto e di Brindisi sono proiettate, con l’attuale andamento demografico, a perdere entro vent’anni rispettivamente il 18% e il 16% della popolazione oggi residente.
Bene, quindi, richiamare tutti, istituzioni, politica – la buona politica – enti strumentali, parti sociali, a condividere idee di sviluppo, a mettere a terra tutti i finanziamenti previsti per potenziare le nostre infrastrutture viarie, ferroviarie, aeroportuali, portuali, per cui sono state tante le risorse concesse dall’Europa con il PNRR, i Fondi strutturali e d’investimento europeo del ciclo 21/27 ed ora la Regione Puglia è anche assegnataria di circa 6,3 mld tra FSC (Fondo di Sviluppo e Coesione) e POC (Piano Operativo Complementare), a seguito dell’accordo di coesione stipulato col Governo.
E che dire delle risorse assegnate per i CIS a Brindisi e a Taranto e che, per quest’ultimo, risultano esserci circa 1mld, di cui si sono perse le tracce?
In merito a ciò è utile segnalare come uno degli investimenti previsti dal disperso CIS Taranto fosse quello di affrontare l’emergenza bonifiche.
Emergenza che attiene anche al dramma delle oltre mille famiglie che vivono dal reddito della mitilicoltura ed a come lo stato ambientale del Mar piccolo, dovuto anche all’impatto climatico, stia mettendo in crisi l’economia più antica del territorio.
Aver nominato un ennesimo Commissario, nonostante la sua professionalità e la sua buona volontà, certamente non può bastare per ottemperare al compito straordinario delle bonifiche, per cui risultano necessari almeno 500 mln di euro, a fronte dei 50 mln a disposizione e, soprattutto, senza una giusta struttura di supporto.
A tal riguardo abbiamo da giorni appreso che il Ministro Gilberto Pichetto Fratin, in risposta ad una nostra lettera che avevamo inviato insieme a Legambiente e altre associazioni, sta procedendo a definire detta struttura.
Ci si attende, comunque, che al più presto si mettano a disposizione anche le opportune risorse economiche.
Non va neppure dimenticata la disponibilità finanziaria riconosciutaci dall’Europa, con 796 mln di euro del Fondo per la Transizione Giusta (Just Transition Fund), per la presenza dello stabilimento siderurgico tarantino e per il relativo processo di decarbonizzazione.
Al momento anche su questo nessun cantiere è stato aperto e, soprattutto, nessun piano di investimento risulta essere stato dichiarato esecutivo dalle strutture preposte.
Allora, tanti sono i compiti cui dare soluzione per la crescita delle nostre realtà, perché tante sono le opportunità ed anche le risorse finanziarie disponibili in questo delicato periodo storico dei nostri territori, accomunati anche da due realtà portuali e retroportuali, che hanno ancora parecchio da esprimere dal punto di vista logistico, economico, produttivo, oltre che crocieristico.
Certamente, al momento, desta preoccupazione la crisi del traffico commerciale che da tempo ha colpito lo scalo ionico e le novità sopraggiunte in merito agli assetti societari del gruppo turco Yilport che ha in concessione il terminal di Taranto attraverso la SCCT (San Cataldo Container Terminal).
Ciò non toglie che resta una grande opportunità di sviluppo del territorio.
E poi ancora la ZES unica, finanziata con 1,6 md dalla manovra finanziaria 2025, il cui piano strategico contiene nove filiere produttive, tutte ben rappresentate sia nell’economia ionica che in quella messapica, dovrebbe figurare come ulteriore opportunità di attrazione di investimenti privati, i quali restano essenziali per lo sviluppo del territorio.
Ed a proposito di investimenti, tutti dovremmo tifare affinché siano rispettati i tempi per realizzare i Giochi del Mediterraneo, una inedita opportunità economica e sociale per le nostre realtà, in quanto saranno occasione di investimento in nuove infrastrutture che resteranno sul territorio e saranno occasione di nuova e buona occupazione.
Così come sentiamo di tifare per l’illuminata scelta di aver candidato Brindisi a Capitale italiana della cultura 2027, il cui destino, a prescindere dall’esito, che noi ovviamente auspichiamo sia positivo, comunque comporterà da parte di tutta la comunità politica, economica, sociale, civile, un salto di qualità nel modo di porsi nei confronti del mondo esterno, affinché la città diventi attrattiva sotto tutti i punti di vista.
Insomma, se non ora quando realizzare un rinnovato sistema industriale, che non significa solo grande fabbrica, bensì: industria aeronautica, industria del mare, industria agroalimentare, industria del turismo, industria culturale; in una parola: innovazione.
Senza dimenticare le opportune infrastrutture sociali, ovvero: una sanità efficiente che punti ad attrezzare tutti i presidi ospedalieri e sanitari con le giuste professionalità e i necessari organici e, al contempo investa sulla medicina territoriale, portando a buon fine la realizzazione delle strutture previste dal PNRR, ovvero case di comunità, ospedali comunità, COT (Centri Operativi Territoriali).
Ed infrastrutture sociali sono anche asili nido, scuole a tempo pieno, politiche abitative pubbliche e servizi efficienti che comportino oltretutto occupazione stabile, ben contrattualizzata, per offrire servizi di qualità e con le professionalità appropriate.
Tutto questo sembra un sogno? Come Cisl Taranto Brindisi pensiamo di no e che la sfida sia tra il consegnarci all’insufficienza dello status quo oppure agevolare coesione sociale e qualità della vita per tutte le fasce di età, specie per i nostri ragazzi e le nostre ragazze, affinché abbiano la possibilità di non abbandonare le nostre città e, soprattutto, di poterci ritornare.
NOTA ESCLUSIVA PER L’ADRIATICO – LO JONIO