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Solazzo (Cisl) : per Brindisi un anno decisivo

Il 2024 dovrebbe essere l’anno della messa a terra degli investimenti del Pnrr, circa 200md oltre alle risorse che rivengono dalla Politica di coesione, la cui fetta più grossa è destinata al nostro Mezzogiorno.
La vera resilienza dell’Italia dipenderà, pertanto, dalla capacità di spesa di tutte le risorse finanziarie che il Next-generation-EU ci ha accordato per le nostre note fragilità su scuola, sanità, trasporti, energia, infrastrutture idriche, portuali, ecc.
Dunque: il tempo delle evocazioni e dei proclami, sport altamente praticato nel nostro Paese, è esaurito; ora servono le opere da realizzare alla scadenza stabilita, ovvero dicembre 2026.
Questa mole di finanziamenti dovrebbe costituire ideale medicamento contro il cronicizzarsi di criticità economiche e sociali, atteso che le italiche difese immunitarie paiono abbassarsi sempre di più, al netto degli zero-virgola di crescita, di inflazione, poi del crescente debito pubblico e quant’altro.
Brindisi si è orgogliosamente candidata a capitale italiana della cultura 2027 e l’energia, la chimica, la farmaceutica, l’aeronautica, la portualità, sono risultate la migliore difesa immunitaria, avendo sviluppato l’economia del territorio; e ciò nonostante si stiano registrando ricadute negative, come altrove del resto, anche per l’insufficiente sostenibilità ambientale del suo sistema produttivo.
Questa, però, è anche l’ora in cui la Città deve candidarsi a partecipare e a vincere in ulteriori competizioni, perché la cultura, laddove si annida disoccupazione, cassa integrazione, chiusura di siti produttivi, emigrazione giovanile, denatalità, scarse politiche sociali, rischia di divenire un ossimoro.
Ecco che, di fronte alla mole di risorse succitate, va posta una domanda alla classe dirigente locale, regionale e nazionale: ma a Brindisi la resilienza quando inizia?
E il tempo delle analisi, delle evocazioni e degli slogan, quando termina?
Continuiamo a leggere di progetti bocciati e di anticipazioni più o meno velate su chiusure di impianti a seguito di una transizione energetica che, per il modo in cui si sta realizzando, non poche criticità continua a porre al sistema manifatturiero nazionale e non solo.
E se una transizione così concepita dovesse mai risolvere almeno l’aspetto ambientale e della salute dei cittadini, contribuendo ad abbassare la quota di emissione di CO2 dell’intera Europa (circa il 7% del totale globale), considerando il restante 70% con Cina ed India in testa, allora si proceda pure a chiudere ed a bocciare progetti di impianti che non rispettano le direttrici di una transizione energetica spinta, velocizzando il cambiamento costi quel che costi.
In tal caso, lo ribadiamo ancora una volta, non si coinvolga il sindacato solo per far da notaio a procedure di licenziamento e di CIG accelerando i tempi e distraendo l’interesse dall’altra transizione, che a noi è più cara, ovvero quella sociale.
Solo per citare le ultime negative vicissitudini del mondo del lavoro in terra di Brindisi, ricordiamo i licenziamenti della ex DCM, la vertenza Basell con destini non ancora chiariti, i casi SIR ed Euroapi, per restare nel privato.
Ma non vanno trascurati, nel settore pubblico, la BMS le cui turbolenze gestionali non lasciano certo tranquilli i destini lavorativi, la vertenza per la centrale Enel i cui esiti per i lavoratori diretti e indiretti sono al momento tutti da decifrare.
Continuiamo a dire che l’attenzione dal territorio non va depotenziata ed auspichiamo che quando dichiarato al tavolo di Coordinamento sulla decarbonizzazione si realizzi quanto prima, perché senza concreti investimenti privati e pubblici lo sviluppo resta un divenire senza destinazione.
Brindisi deve confermare la sua peculiarità industriale se intende non già sopravvivere bensì tendere alla crescita ed allo sviluppo sostenibile, per cui la transizione energetica deve dimostrarsi una opportunità, non una criticità ulteriore specie sul piano dell’occupazione e della coesione sociale.
Auspichiamo, perciò, che volga al meglio la manifestazione di interesse avanzata dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Meridionale, insieme con l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio, per la cantieristica navale, relativa alla costruzione di infrastrutture per l’eolico offshore.
Così come auspichiamo che si apra il cantiere ACT Blade per la produzione di pale eoliche innovative e si realizzino gli investimenti più volte evocati di Renantis e BlueFloat Energy.
Quanto agli interventi infrastrutturali all’interno del porto ci aspettiamo continuità, con gli investimenti industriali illustrati, anche nel suo saluto alla città, dal dimissionario Presidente Prof. Avv. Ugo Patroni Griffi al quale, rinnovando l’apprezzamento per la sua competenza ed il suo approccio, certamente non anti industriale, allo sviluppo della portualità e retroportualità, manifestiamo vicinanza per i suoi dichiarati problemi di salute, con l’augurio che li risolva presto.
Noi attendiamo, dunque, confronti che diano la reale chiave di lettura delle risorse finanziarie in campo, dei fabbisogni occupazionali quantitativi e qualitativi .
Brindisi necessita di interventi imponenti e mirati, in relazione al profondo cambiamento sollecitato dalla transizione industriale epocale in itinere specialmente nei comparti dell’energia e della chimica, settori produttivi questi sui quali essa ha basato gran parte della sua storia.
Anche la Zes unica auspichiamo che possa costituire una grossa opportunità per lo sviluppo e la crescita del territorio.
Il tempo non è una variabile indipendente, perciò come comunità nella sua interezza rischieremmo di toccare il punto di non ritorno se, al più presto, non si procedesse a riempire di contenuti realizzabili quell’Accordo di Programma previsto nell’ultimo incontro dell’11 giugno u.s. tenutosi a Roma dal Comitato per la decarbonizzazione, il cui prossimo tavolo verrà convocato a Brindisi.
L’anno decisivo per la resilienza del nostro Paese, cui abbiamo fatto riferimento all’inizio, deve interessare anche Brindisi, perché se è vero che essa è stata strategica per la sicurezza energetica nazionale, una parte di quella mole di risorse che l’Europa ha concesso “affinché nessuno resti indietro” rechi vantaggi al nostro territorio, agevolando un vero ed efficace piano di sviluppo.