Solazzo (Cisl): le annose criticità della casa circondariale di Taranto esigono risposte non più differibili

La situazione della Casa Circondariale “C. Magli” di Taranto, tra le più affollate d’Italia, è notoriamente al collasso ed in occasione della recente visita istituzionale del sottosegretario alla Giustizia, On. Andrea Delmastro Delle Vedove, ne abbiamo riproposto come Cisl le annose criticità.
A partire dalle 935 presenze di detenuti a fronte di una capienza strutturale di soli 500, dalla necessità di almeno 400 Agenti di Polizia penitenziaria, rispetto agli attuali 170 (300 sulla carta); e, a seguire, dal rapporto Agenti di guardia/detenuti pari a 1 ogni 250, di cui diversi psichiatrici, costretti a vivere in 2-3 metri quadri a testa e in condizioni disumane; non per ultimo, dagli educatori ed i dipendenti delle Funzioni Centrali, numericamente non commisurati al fabbisogno effettivo e con il personale sanitario altrettanto in forte sofferenza di organici .
Le conseguenze di tale situazione, come periodicamente denunciato con le nostre Federazioni di Categoria, la Cisl Fp e la Fns Cisl, sono socialmente nefaste, se solo pensiamo ai suicidi in carcere, sia dei detenuti (già 66 in Italia) che degli agenti (già 7 in Italia), alle aggressioni, all’autolesionismo, alle manifestazioni di protesta collettiva, alle colluttazioni, alla vivibilità per un sovraffollamento che a Taranto è quasi del 184 per cento; senza tacere sulla difficile possibilità di recupero sociale dei detenuti.
E’ questo un vero e proprio tradimento della Carta costituzionale, che all’art. 27, comma 3 sancisce: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.”
Ed allora: quando sarà reso civile e sostenibile il sistema penitenziario italiano, fondandolo davvero sull’umanizzazione della pena e su percorsi di reinserimento sociale dei condannati, anche per abbattere decisamente il tasso di recidiva?
E quando sarà affrontato il tema della popolazione carceraria femminile, spesso mogli, mamme, ragazze, se solo si considera che al 31 gennaio 2024, erano 2.615 le donne presenti negli istituti penitenziari, pari a circa il 4,2 per cento della popolazione detenuta totale?
Molte delle quali sono in custodia cautelare e, dunque, presunte innocenti o comunque non colpevoli.
Ma ciò che più va rilevato è che, statisticamente, per quanti abbiano avuto accesso ad attività formative e lavorative, durante la pena, il tasso di recidiva è risultato del 2 per cento a fronte del 70 per cento di quanti hanno vissuto il periodo di pena senza alcuna azione mirata al reinserimento sociale.
Dunque, ancora una volta il lavoro si dimostra strada privilegiata per assicurare dignità alle persone e farle sentire partecipi allo sviluppo economico e sociale delle loro comunità e del Paese.
“Il lavoro è valore sociale, fattore di emancipazione, giustizia e benessere per tutti”: è da questo principio che ha preso spunto l’accordo del 13 giugno 2023 tra CNEL e Ministero della Giustizia per “gettare un ponte tra il carcere e la società, portando il lavoro e l’istruzione al centro di un grande progetto di inclusione sociale che veda protagonisti le imprese, i sindacati, il volontariato, il sistema scolastico e universitario e gli Enti locali.”
Accordo che ha prodotto un DDL, presentato dallo stesso CNEL con l’obiettivo di rafforzare la Legge Smuraglia di cui si parla poco.
E, invece, andrebbe data evidenza alla L.n. 193/2000 (“Norme per favorire l’attività lavorativa dei detenuti”), appunto la c.d. Legge Smuraglia, che parrebbe essere sconosciuta se si considera la sua scarsa applicazione, nonostante preveda importanti agevolazioni, benefici fiscali e previdenziali per chi assume detenuti, anche in officine, uffici e laboratori all’interno dei penitenziari ma, anche, all’esterno, ex reclusi e persone sottoposte ad esecuzione penale.
Se solo dessimo corpo a tutti i principi e i valori che esprime la nostra Costituzione non patiremmo la sofferenza di vedere negati buona parte di diritti civili e sociali a moltissime cittadine e cittadini del nostro Paese.
Analoga sofferenza comprende la situazione delle Poliziotte e dei Poliziotti penitenziari, oltre a quella del personale delle Funzioni Centrali, operante presso tutte le Case circondariali, tra cui la “C. Magli” di Taranto, dove non soltanto vengono registrati insostenibili ritardi nel riconoscimento di istituti normativi ed economici ma si vive una condizione lavorativa oltre i limiti contrattuali.
Il territorio ionico, con tutte le sue componenti istituzionali, politiche e sociali, recuperando le non poche distrazioni anche del recente passato, non può non misurarsi finalmente con i principi contenuti nell’accordo succitato del 23 giugno 2023, tra Ministero della giustizia e CNEL, realizzando in un contesto di Patto di responsabilità, un ponte tra carcere e società mediante percorsi di istruzione, formazione, lavoro, cultura.
E farlo coinvolgendo mondo delle imprese, scuola, università, volontariato, sindacato, associazionismo religioso e laico, dove ciascuno faccia la propria parte, per dare un’altra possibilità di vita vissuta nella legalità al detenuto e fornire soluzioni alla piaga del sovraffollamento carcerario.
Papa Francesco nella Fratelli tutti ha invitato “ … a non aspettarsi tutto dai governi” così sollecitando iniziative di partecipazione e di corresponsabilità dal basso.
Come sempre la Cisl è in campo per fare la sua parte.
Nel frattempo abbiamo registrato, nel suddetto incontro, l’impegno del sottosegretario Delmastro, circa l’insediamento di una Commissione parlamentare con il compito di garantire l’assegnazione a Taranto di Agenti e Dipendenti delle Funzioni Centrali adeguata alla realtà e secondo una nuova e diversa pianta organica.
Su tale impegno non demorderemo, verificando numeri e tempi relativi alle assunzioni.

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