PNRR: con l’Europa per una nuova idea di crescita e di sviluppo sostenibile!
E’ davvero singolare che mentre l’Italia, grazie al PNRR, comincia a riprogettare il proprio futuro in un contesto, peraltro, di crisi pandemica in cui la perdita di vite umane pare degradata a mera statistica, nel lessico politico si continui a discettare di crescita anziché di sviluppo, laddove la prima considera prioritaria la produzione di beni e servizi mentre la seconda assume come misura prevalente di riferimento anche la qualità della vita, la coesione sociale, l’inclusione, la sostenibilità ambientale.
Eppure, l’irreversibilità del progetto europeo e la nuova Europa post pandemia dovrebbero consentire, oggi, un deciso recupero del suo spirito fondativo, superando a pie’ pari il paradigma della quantità di risorse destinate al nostro Paese rispetto alla loro qualità, puntando sullo sviluppo sostenibile, strutturale e, in tal modo, rivitalizzando l’idea stessa con cui vollero caratterizzarla i padri fondatori dell’Unione, da Altiero Spinelli a Jean Monnet, da Robert Schuman a Konrad Adenauer, da Alcide De Gasperi ad Altiero Spinelli.
Illuminanti le parole di Miloslav Vlk (1932-2017) già Arcivescovo di Praga e Presidente delle Conferenze Episcopali Europee, quando affermò: “Credo che bisogna fare in modo che l’Europa che sta nascendo non sia costruita solamente sull’economia. Credo sia evidente a tutti che le radici profonde dell’Europa sono cristiane. Ma è pure evidente che queste radici si sono indebolite. Bisogna che abbia un’anima e quest’anima sono i valori che mettono al centro delle questioni in gioco, economiche o politiche che siano, la dignità della persona umana”.
E, dunque: l’Europa che si intende costruire con il Next generation Eu, darà finalmente attenzione dovuta ad inclusione e coesione sociale, vero principio guida con cui rimettere al centro la dignità della persona, di ogni persona?
E ancora: tale consapevolezza è prevalente in tutti i popoli europei?
La pandemia, certo, ha fatto emergere uno spirito più solidaristico, la consapevolezza che dal Covid-19 nessuno avrebbe potuto salvarsi da solo e che, inoltre, con la ineluttabile crisi economica il default di un Paese avrebbe trascinato tutti gli altri.
Da ciò è derivato il poderoso programma di acquisto europeo per l’emergenza pandemica di 1.850 MD – per affrontare una crisi superiore a quelle del 2008 e del 2011 – oltre al succitato Next GE Eu di 750 MD dei quali 235,12 destinati all’Italia tra PNRR, React Eu e Fondo complementare, proprio per i maggiori gap infrastrutturali materiali e immateriali presenti nel nostro Paese.
Va puntualizzato, infatti, che le ragioni per cui l’Europa ha concesso all’Italia maggiori risorse vanno ricondotte alla diseguaglianza tra il Nord e il Sud.
Questo Sud che, a differenza di quanto spesso fantasticato, non ha mai drenato maggiori risorse rispetto alle altre Regioni ed il cui mancato sviluppo rischia di far indietreggiare anche il resto del Paese.
E’ un fatto, però, che nel 2018 (Svimez) la spesa dello Stato in investimenti per opere pubbliche al Centro-Nord è stata pari a 278 euro pro capite, mentre al Sud a 102 euro; la spesa pro capite per un cittadino del Centro – Nord è di 17.065 euro, mentre per un residente nel Mezzogiorno è di 13.394 euro (Conti pubblici territoriali pre-pandemia); in sanità, al Sud abbiamo la presenza di 5,5 operatori per 1000, mentre tale media, secondo i dati OCSE, è di 8,9 operatori al Nord.
Potremmo continuare con qualsiasi altro dato statistico ma il Sud ne uscirebbe sempre penalizzato rispetto al Nord.
Le dichiarazioni della Ministra Mara Carfagna in merito al 40 per cento delle risorse del PNRR da riservare al Mezzogiorno richiamano le istituzioni e la classe politica del territorio all’opportuna attenzione e sorveglianza affinché ciò si avveri, stante il fatto che neanche quel famoso 34 per cento spettante al Sud per la spesa ordinaria è stato rispettato negli anni passati.
Di fatto, se si fosse assecondato il principio indicato dall’Europa di dover attribuire le risorse sul piano territoriale secondo i criteri di popolazione residente, reddito pro capite e tasso medio di disoccupazione negli ultimi cinque anni, al Sud andava destinato circa il 70 per cento.
E se nel PNRR, alla missione 3 C2, fosse stata riservata un’attenzione diversa ai porti del Sud, individuandoli come realtà strategiche per il Paese, andando ben oltre i proclami, sarebbe stato un segnale concreto di attenzione al Mezzogiorno, considerato che portualità e retro-portualità rappresentano realmente volano di sviluppo per più settori produttivi.
L’auspicio è che il confronto che si dovrà aprire a livello nazionale e non solo, anche con le Parti sociali, possa recuperare attenzione ai porti di Taranto e di Brindisi, strategici oltre che per traffici turistici anche per quelli commerciali, che traguardino rotte TEN-T e non siano considerati solo per i traffici intra/mediterranei.
Il Sud, ed in particolar modo i nostri territori, non possono più attendere.
Perdere nel Mezzogiorno 1 ML di giovani dal 2002 al 2017 (Svimez) emigrati in altre zone del Paese o al di là dei confini nazionali, rappresenta una sconfitta nazionale.
Nel 2020 oltre 2 ML di famiglie e 5,6 milioni di persone in povertà assoluta sono un altro dato preoccupante, in forte aumento specie se a ciò si aggiunge quello dell’aumento dei Neet (coloro che non studiano, non hanno un lavoro, né lo cercano) che, secondo l’Istat, hanno superato i tre milioni nella fascia di età 15-34 anni.
Gli investimenti in infrastrutture materiali sono tanto importanti quanto quelli in istruzione e formazione, ponendo attenzione alle profonde diseguaglianze che non permettono a tutti di cogliere l’occasione di poter partecipare ad un cambiamento epocale.
Cambiamento in cui tutti dovrebbero sentirsi coinvolti e, soprattutto, avere la possibilità di partecipare, valorizzando le proprie peculiarità a prescindere dalle disponibilità reddituali.
Se si intende, dunque, costruire una nuova Europa, la dignità della persona e soprattutto del lavoro, devono tornare al centro delle scelte politiche ed economiche e l’Italia deve fare la sua parte.
L’Europa dovrà complessivamente dimostrarsi alternativa a quella logica di mercato che, finora, ha coperto le tante ingiustizie sociali e proporre un modello condiviso che non copra la miseria ma la scopra, che non tolga diritti ma li restituisca, che non escluda ma includa.
di Gianfranco Solazzo
Segretario generale Cisl Taranto Brindisi
16 maggio 2021