Al Piano Sud 2020-2030, fin dalle sue prime battute, va ascritto il merito di avere sdoganato, si spera definitivamente, la visione di un Paese non più sostenibile a due velocità, prefigurando come debba essere urgente intervenire con investimenti pubblici e privati per lo sviluppo del Sud e considerando, per il breve e medio periodo, questo progetto strategico, utile per l’Italia intera.
Progetto finora assente, al di là delle dichiarazioni formali, nei programmi e nelle cose da fare dei precedenti Governi dal momento che, negli anni, la spesa per il Sud si è ridotta rendendo, ad esempio, il fenomeno dell’emigrazione specialmente giovanile e scolarizzata verso il Nord del Paese e verso l’estero una vera e propria emergenza sociale.
Ulteriore principio, non scontato, riscontrabile nell’epigrafe del Piano, è quello di dover considerare effettivamente i Fondi strutturali europei (oltre 123 miliardi fino al 2030) aggiuntivi alla spesa ordinaria.
Ebbene, vorremmo tanto che questa volta si andasse concretamente oltre i titoli e le buone intenzioni, come ormai da tempo sostenuto anche con manifestazioni nazionali, regionali e territoriali, da parte del sindacato confederale che, con molta pazienza e con altrettanta fermezza, rivendica da tempo sviluppo, infrastrutture, occupazione aggiuntiva, sostenibilità ambientale, con l’apporto delle proprie articolazioni categoriali su temi specifici con particolare riguardo al Mezzogiorno.
Rimane, perciò, del tutto evidente che se sul versante dei titoli c’è condivisione è sulla esigibilità dei contenuti che ci aspettiamo da subito, da parte del Governo Conte, per quanto ci riguarda per le nostre due aree, dialogo e reciprocità nell’esercizio della corresponsabilità sociale se è effettivamente questo che sottintende l’espressione “metodo cooperativo di attuazione rafforzata”.
Scuola, infrastrutture materiali (in ambito ferroviario, stradale, idrico e edilizio) e sociali, inclusione sociale (ridurre i divari nei servizi), Green deal per il Sud per realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030 e mitigare i rischi connessi ai cambiamenti climatici: ecco ulteriori punti di ricaduta del Piano che auspichiamo vadano a buon fine per la loro connessa strategicità.
Così come conclusioni positive sono attese dal negoziato in via di completamento con l’UE per l’impiego del “Just Transition Fund” cioè un pacchetto di sovvenzioni e di investimenti per aiutare i Paesi a porre in essere politiche climatiche più rigorose e ad affrontare in sicurezza la transizione energetica.
Non si può più transigere: vi è la necessità di sviluppo aggiuntivo e di un rilancio sostenibile dei siti industriali di cui in particolare i due nostri territori oltreché il Paese continuano ad aver bisogno, coniugando contestualmente i fattori lavoro, sicurezza, salute e buon ambiente!
Auspichiamo, in particolare, che il Piano Sud, acceleri per Taranto sia il c.d. Cantiere Taranto che la ripresa del Contratto Istituzionale di Sviluppo (Cis), mentre per Brindisi l’urgente decretazione del Cis Brindisi ed una considerazione suppletiva a favore dell’intero territorio fatta di interventi specifici; oltre all’avvio in entrambe le aree di supporti per la loro internazionalizzazione ed una strategia mediterranea, attraverso gli investimenti sulla logistica marittima e il rafforzamento delle Zes (con incentivi fiscali e sburocratizzazione dei processi), con un Piano Export Sud ed un sostegno al sistema portuale.
Altrettanto, riteniamo necessario che si realizzino in direzione delle politiche e delle misure per il lavoro e per le imprese, incentivi all’occupazione femminile, valorizzazione ulteriore delle eccellenze produttive e l’esigibilità degli strumenti finanziari correlati alla L.181/89 in quanto entrambe aree di crisi.
Il Piano Sud è uno spaccato delle storiche rivendicazioni sindacali e dei bisogni sociali a cominciare dal tema occupazione, che è impossibile creare solo per decreto se non, invece, mediante grandi investimenti pubblici e privati.
Per condividere progetti di cambiamento e di futuro per andare oltre la crisi attuale è necessario non perdere altro tempo.
Il Piano Sud impone, dunque, fin da subito un lavoro comune tra istituzioni, politica, attori economici e sociali sia nazionali che regionali e territoriali attraverso la partecipazione e la corresponsabilità per restituire speranza alle tante donne, ai tanti uomini, lavoratrici e lavoratori, anziani e giovani di questa parte del Paese ancora in sofferenza.
Antonio Castellucci
19 febbraio 2020