Abbiamo letto dichiarazioni pubbliche, secondo le quali il Servizio sanitario nazionale avrebbe retto; eppure deteniamo il record di Paese europeo più colpito dalla pandemia.
Apprendiamo che da gennaio 2021 saranno somministrati i primi vaccini anti-Covid, eppure non siamo stati in grado di garantire, a quanti ne facevano richiesta, il vaccino contro la normale influenza invernale.
Leggiamo quotidianamente i bollettini sui contagi, eppure apriamo Regioni, Città, negozi ma poi inorridiamo alle scene di assembramenti.
Puntiamo il dito contro la medicina territoriale e le neonate (e già fallite?) Unità Speciali di Continuità Assistenziale (Usca) e la Sanità privata: eppure avevamo già concordato in epoca pre-Covid su quali fossero i punti deboli del Sistema sanitario nazionale e regionale pugliese per quanto ci riguarda.
Pretendiamo competenze e professionalità, eppure il tormentone elettorale “la politica fuori dalla sanità” ha ormai perso il suo fascino per obsolescenza o piuttosto per la superficialità di qualche tecnico prestato alla politica che vede come il fumo negli occhi il dialogo sociale ed il confronto con il sindacato.
Obnubiliamo le menti con numeri, curve, diagrammi, parametri, percentuali, che nella sterilità della comunicazione perdono la individuale rilevanza umana.
Siamo il Paese più colpito e, tuttavia, è la Cancelliera Merkel a perdere la tradizionale germanica freddezza ed a comunicare al suo popolo, a forza di impensate lacrime, la chiusura del Paese.
Non diversamente la Gran Bretagna zittisce il suo Premier vincendo la corsa alla vaccinazione, al netto delle reazioni avverse.
In Italia il Sistema Sanitario continua ad essere sottoposto ad uno “stress test”.
Non stiamo affrontando affatto il virus; lo stiamo faticosamente rincorrendo, sottraendo risorse preziose, umane e finanziarie, ad altre esigenze di salute, come alla prevenzione ordinaria, ai malati cronici, ai malati oncologici, ai malati terminali e, non di meno, alle urgenze ed emergenze non-Covid.
E ancora, sottraiamo risorse alla sicurezza, ai nostri anziani, ai nostri affetti fragili, rincorrendo affannosamente il virus e nella corsa perdiamo pezzi importanti di società, non più sostituibili.
Ecco che improvvisamente lo slogan “il sistema sanitario italiano è il migliore del mondo” perde il suo appeal, non appare più tanto convincente.
Siamo nella seconda ondata Covid, ci parlano già della terza e i massimi virologi preannunciano scenari apocalittici, ovvero record di contagi e di decessi.
Ma siamo ancora nel pieno della seconda ondata, della terza non abbiamo nemmeno il tempo di preoccuparci e quel record preannunciato già lo deteniamo.
Mancano i medici, gli specialisti, i Medici di Medicina generale, gli infermieri, il personale ausiliario e gli operatori socio sanitari.
Ma la domanda è: mancano solo adesso oppure mancavano già prima della pandemia?
E ancora: dopo la prima ondata, e benché certi della seconda, abbiamo cercato di sanare qualche lacuna dell’organizzazione sanitaria? O piuttosto si è incitato a trascorrere le vacanze nei luoghi di una Puglia miracolosamente solo sfiorata, allora, dal virus?
La risposta è ben nota.
La storia di questi giorni è quella di una battaglia senza regole contro il contagio: è caduta la linea Maginot (ovviamente è un’iperbole) e sul campo è rimasta paradossalmente la prima linea di resistenza: donne, uomini, persone che con la forza della coscienza e dell’abnegazione resistono con dispositivi di protezione individuale (Dpi) improvvisati, insensibili alla stanchezza di turni massacranti.
Medici, infermieri, operatori sanitari che sono stati uniti non da un’organizzazione ben solida e strutturata ma dal senso del dovere e della responsabilità e sull’altare di questi sentimenti sacrificano, talvolta, la propria vita.
E allora: non sarebbe più onesto e meno faticoso ammettere che il Sistema non ha retto?
Anche in questo caso la riposta è ben nota.
Ha ragione il premier Conte: ne usciremo!
E tuttavia vorremmo come Cisl, a nome di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, famiglie, persone non autosufficienti, giovani della millennial generation che a curare le ferite che rimarranno provvedesse un Servizio sanitario ripensato profondamente in tema di organizzazione, di efficienza e di competenze.
Francesco Solazzo – Segretario Generale
14 dicembre 2020