Il possibile rinvio a fine giugno del blocco degli sfratti, previsto nel Decreto Milleproroghe in corso di approvazione, dopo diversi rinnovi dovuti alla pandemia da Covid-19, potrebbe accompagnarsi tra qualche mese ad una sorta di pandemia abitativa, ovvero all’ennesima emergenza sociale cui la politica è chiamata fin da ora a dare soluzioni.
Si pensi che solo in Puglia il fenomeno coinvolgerebbe oltre 40 mila famiglie.
“Non siamo antagonisti, di fronte ad una situazione che è epocale – ha dichiarato al riguardo Nino Falotico, segretario nazionale Sicet Cisl – bisogna supportare i proprietari e trovare soluzioni per sostenere gli affitti. Serve solidarietà.”
Aiutano, certo, esempi virtuosi come quello di Torino, dove è stato sottoscritto un protocollo per favorire soluzioni concordate in caso di morosità ed il Comune ha istituito un fondo di 400 milioni disponibili sia per gli inquilini in difficoltà economica sia i proprietari che accettino di rinunciare allo sfratto.
Le politiche abitative, dunque, assumono importanza sempre più decisiva per definire l’appropriatezza di un sistema di welfare effettivamente coerente con il valore della coesione sociale, anche sulla spinta delle raccomandazioni europee.
Ecco che lo scenario del tutto nuovo, correlato all’imminente progettazione del Recovery Plan ed al suo corredo di 209 miliardi di fondi europei vedrà intrecciarsi, con riferimento specifico alle politiche per la casa, sempre di più ruoli e competenze nazionali, regionali, provinciali e locali, laddove solo una più stringente consequenzialità di atti decisori potrà determinare benefici per i cittadini e, in particolare, ricadute esigibili dalle fasce di popolazione più debole socialmente.
D’altro canto, avendo assunto l’obiettivo di combattere povertà ed esclusione sociale, l’Unione Europea riconosce e rispetta il diritto alla casa e promuove il social housing, appunto per assicurare un’esistenza dignitosa a quanti non siano in possesso delle risorse minime per procurarsela.
E’ appena il caso di ricordare che il social housing si colloca a metà tra l’edilizia popolare e le proprietà private vendute o affittate a prezzo di mercato, allo scopo di fornire alloggi con buoni o ottimi standard di qualità, a canone calmierato, che non superi il 25%-30% dello stipendio.
Ebbene, su tali versanti la situazione nel territorio Taranto Brindisi si presenta, per così dire, non ottimale forse per la sottovalutazione di molte pubbliche amministrazioni circa i bisogni delle famiglie, atteso che su questo genere di questioni non dovrebbero esserci differenze tra grande città e piccolo comune.
Si prenda a riferimento, come titolo esemplificativo, la L.r. n. 22 del 20 maggio 2014, della Regione Puglia, che riordinò le funzioni amministrative in materia di edilizia residenziale pubblica e sociale e riformò gli enti operanti nel settore.
I Comuni – venne stabilito tra l’altro dalla stessa Legge – esercitano in forma singola o associata le funzioni di rilevare i fabbisogni abitativi, segnalare le situazioni di emergenza abitativa, elaborare i Piani casa locali, istituire e gestire le agenzie per l’affitto, concorrere all’elaborazione dei piani e programmi regionali volti all’incremento, alla manutenzione e riqualificazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, nonché della promozione degli interventi di edilizia residenziale sociale in locazione permanente e a termine, formulando proposte di intervento e assicurando la loro integrazione con le politiche comunali.
Se ci chiedessimo quanti sono nel nostro territorio, dopo circa sette anni dalla L. R. 22/2014 i Piani Casa Comunali con il compito di rilevare i bisogni delle famiglie e concorrere alla formulazione del Piano Casa Regionale, non li conteggeremmo probabilmente oltre le dita di una mano.
Forti sollecitazioni sul tema da parte della Regione Puglia e dell’Anci Puglia sarebbero auspicabili ma anche un di più di iniziativa sarebbe fortemente gradita da parte delle stesse Autonomie locali, in un momento storico in cui il Paese vorrà ripartire dopo la sferzata pandemica ed emergere da una crisi economica epocale.
Ad ulteriore titolo esemplificativo, nel territorio Taranto Brindisi, escluse alcune meritorie eccezioni, è stata finora numericamente carente la stipula accordi concernenti il mercato delle locazioni.
Gli obiettivi dell’allargamento delle locazioni agli immobili sfitti per consentirne l’accesso alle fasce sociali escluse, la possibile soluzione dei problemi sociali connessi agli sfratti, l’ emersione del mercato nero e irregolare degli affitti, il miglioramento della manutenzione degli immobili, il riconoscimento di benefici economici ai locatori, sono alcuni dei benefici possibili, grazie alla sottoscrizione di tali protocolli.
Ed allora, se è stato stabilito, dunque, dalla succitata Legge, che la Regione Puglia programma gli interventi di edilizia residenziale pubblica e sociale attraverso Piani casa pluriennali approvati dalla Giunta regionale sulla base del rilevamento dei fabbisogni abitativi e delle proposte comunali, avvalendosi del supporto conoscitivo e propositivo dell’Osservatorio regionale della condizione abitativa (Orca), è lecito chiedersi quale sia al momento l’apporto di Comuni privi del corrispondente Piano casa?.
I Comuni approvano Piani casa locali che hanno i medesimi obiettivi e contenuti del Piano casa regionale, favorendo la più ampia partecipazione sociale e coinvolgendo le organizzazioni sindacali confederali e degli inquilini e assegnatari e gli enti gestori di edilizia residenziale pubblica.
Il Sicet Cisl Taranto Brindisi esprime, dunque, l’auspicio che tutti i Comuni di questo territorio assumano finalmente la decisione di valorizzare le Politiche abitative in coerenza con i principi di sussidiarietà, assumendo metodo della concertazione e della partecipazione dei concittadini al processo di formazione delle decisioni, mediante le loro rappresentanze sociali.
Massimo Caliandro – Segretario Reggente
12 febbraio 2021