Giunti al quarto incontro del Comitato ex art 24bis DL 50/22 sulla riconversione della centrale di Cerano di Brindisi, siamo fortemente preoccupati per gli sviluppi di un confronto che, purtroppo, non riguarda il presente e il futuro di un unico settore ma dell’intero sistema-Brindisi per come si è sviluppatosi nel corso degli ultimi decenni.
Gli esiti di un primo processo di de-carbonizzazione sono sotto i nostri occhi, con la chiusura a suo tempo della Centrale di Brindisi Nord che azzerò l’occupazione, mai più recuperata, di circa 200 lavoratori, al punto che ora temiamo uno tsunami occupazionale a Brindisi; perciò, abbiamo chiesto nel nostro intervento che l’attenzione del Governo nazionale non deve venir meno ma deve continuare a gestire direttamente il percorso di questo Comitato.
E basta con nuovi, ipotetici investimenti su Brindisi, di cui continuiamo a leggerne a iosa sui mezzi di informazione, solo di recente dall’Hydrogen Valley all’interesse dei cinesi per l’Automotive da insediare in quest’area, ad altro ancora.
Abbiamo posto il tema, tra l’altro, delle lunghezze burocratiche e del venir meno di finanziamenti pubblici già promessi in quanto ragioni che ad esempio a Taranto ha fatto cancellato un insediamento importante come quello del Gruppo Ferretti.
Al contempo non va sottaciuto che sui Progetti IPCEI in ambito PNRR (Missione 2) per cui Enel si è aggiudicato un finanziamento di circa 10 milioni c’è il blocco dovuto ad un ricorso al TAR.
Quanto al phase out dal carbone, abbiamo ricordato che il 2025 è ormai prossimo e che, come Cisl, abbiamo sempre evidenziato i rischi delle rigidità legate a quella data, qualora non si fossero realizzate opportune alternative.
D’altro canto, non va mai dimenticato che l’indipendenza politica di un Paese è strettamente legata all’indipendenza energetica e che l’Italia ha stretto accordi in questo campo con altri Paesi il cui modello democratico è fortemente dubbio.
Su Brindisi, oggi, registriamo solo processi non tanto di de-carbonizzazione quanto di deindustrializzazione e ci convinciamo sempre più che il tempo non è un optional, né una variabile indipendente dal momento che manca una visione complessiva su cosa la de-carbonizzazione produca già oggi ed produrrà nel medio-lungo periodo sul sistema industriale del territorio e sull’occupazione, dei lavoratori diretti e dei sistemi indotto e appalto.
Magari si pensasse ad un Commissario, tipo Zes, per lo sviluppo di Brindisi e non per la sua desertificazione industriale; rileviamo, ad esempio, che sono ancora disponibili ma inutilizzati, come rilevato lo scorso 6 dicembre nell’incontro presso la Regione Puglia, risorse per 12,8 milioni per il territorio provinciale e oltre 4,5 milioni per il solo Comune capoluogo, ex L.n. 181/89.
Ed abbiamo anche chiesto agli interlocutori ministeriali: ci si può confrontare su quali siano i bisogni del territorio? E sul paradosso per cui più progetti di investimento si evocano più ore di cassa integrazione vengono richieste? E’ ancora possibile tollerare che mentre si enfatizza Brindisi come possibile hub energetico – cattura e stoccaggio del gas – di fatto l’Eni quell’hub lo realizza a 700 km, cioè a Ravenna?
Auspichiamo che si torni con i piedi per terra, essendo noi un Paese dove la situazione energetica è squilibrata rispetto ai nostri concorrenti europei – la Germania ha prorogato il phase hout dal carbone al 2038 – per cui restando così le cose si produrrebbero solo licenziamenti; ecco perché la riconversione a gas della Centrale risulterebbe al momento l’unica valida alternativa. Auspichiamo, dunque, un Accordo di programma per Brindisi di cui si faccia direttamente promotore il Governo; ed uno studio sull’impatto della de-carbonizzazione sull’intero sistema produttivo, sociale ed economico di quest’area territoriale.