L’estate tarantina non disdegna un dibattito a più voci che, tra spinte al cambiamento ed analisi sulle persistenti criticità economiche, produttive, sociali ed occupazionali, ci pare focalizzi più le ombre che le opportunità di crescita e di sviluppo di questo territorio. Noi pensiamo che l’area ionica custodisca già potenzialità economiche e produttive straordinarie e che non ci siano ulteriori settori produttivi altrettanto importanti di cui esigere la presenza.
L’ampio spettro dell’esistente passa, infatti, dall’industria metalmeccanica e siderurgica all’agroindustria e all’agroalimentare, dalla cantieristica navale all’edilizia, dal mare al turismo alla moda, dalla cultura ai servizi al commercio all’artigianato, senza tacere su Zes, la Zfd, portualità e retro portualità, aeroporto con l’eccellenza del settore aerospazio e aerostrutture.
Allora, sarebbe opportuno che, scevro da strumentalizzazioni di parte, il tema della crescita e dello sviluppo del territorio diventasse materia di interesse strategico aggregante, giacché da sempre vince chi, in quantità e in qualità, sa mettere in campo la squadra più attrezzata per fare fronte comune e vincere facendo rete. La concorrenza, che ormai è ponderata su scala globale ci vede, come europei, giocare una grande sfida geopolitica, economica, militare, sociale la cui competizione è assai più complessa della mera opposizione domestica Destra vs Sinistra. Taranto è a pieno titolo in questa competizione globale specie sul versante del lavoro e dell’occupazione.
Si prenda ad esempio quella che consideriamo la vertenza madre del territorio e, contestualmente, del futuro industriale del nostro Paese, la exIlva, alla cui emergenza produttiva, ambientale ed occupazionale ancora non viene data una risposta credibile, chiara, trasparente. Una risposta che sia di presente e di futuro, che corrisponda chiaramente alle attese delle migliaia di lavoratrici e di lavoratori diretti e indiretti dello stabilimento, come pure del sistema imprenditoriale di appalto e indotto; anche perché, illudersi di poter fare a meno di quella realtà produttiva, per l’economia dell’intera area ed oltre, significherebbe mentire a se stessi.
Taranto e il suo territorio non sono corpi slegati dalla grande fabbrica e, qualora lo diventassero, essi acquisirebbero le sembianze di corpi deboli, anemici e poco attrattivi dal punto di vista industriale e tecnologico. Oltretutto, se si intende davvero invertire la tendenza migratoria dei nostri giovani, la presenza di un grande apparato industriale, che divenga certamente innovativo dal punto di vista ambientale, resta essenziale specie se arricchito dall’investimento, da tempo atteso, del Tecnopolo del Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile, la cui sede è stata individuata proprio nel capoluogo ionico.
Ed allora, come più volte abbiamo evidenziato, il Governo nazionale che è caratterizzato politicamente e con numeri parlamentari che non lasciano spazio a pratiche ulteriormente dilatorie, ha oggi l’opportunità e, noi aggiungiamo, anche il dovere, di fornire la soluzione politica ed industriale che restituisca all’impianto siderurgico ionico ed al suo bacino occupazionale ruolo tra i più socialmente ed economicamente importanti del Paese. Opportuno, certo, è aver già individuato nella società DRI D’Italia S.p.A. (Invitalia) il soggetto per realizzare, per la prima volta nel nostro Paese un impianto di produzione del preridotto per l’approvvigionamento dei futuri forni elettrici; ma ciò non basta se si dovesse prescindere dal nodo delle risorse definanziate e dalle nuove fonti non ancora individuate di finanziamento del PNRR per il processo di decarbonizzazione dello stabilimento.
Peraltro, vanno messi definitivamente a terra anche i tanti investimenti riguardanti il Cis Taranto, la cantieristica (investimento Ferretti), le energie rinnovabili e relative filiere (Renantis ex Falk, Edison -Saipem – Alboran per uno dei tre centri dell’hydrogen valley previsti in Puglia); al contempo, vanno date risposte alle tante vertenze territoriali a partire da Cemitaly (ex Cementir).
Restiamo fiduciosi circa l’investimento Agromed (una delle storie ultradecennali del territorio), benché come sindacato potremo esprimere un parere quando si conosceranno i dettagli del piano industriale definitivo, così come su quello relativo allo stabilimento ex Albini di Mottola che dovrebbe concretizzarsi con il passaggio al gruppo Ekasa.
Ed allora, il nostro appello continua ad essere quello di un Patto sociale ed economico del territorio, che dia evidenza alle direttrici di sviluppo condiviso, alle ricadute economiche e occupazionali possibili e si ponga in coerenza con i due tavoli di partecipazione permanente, ai quali presenziamo come Cisl, quello con la Provincia e l’altro con il Commissario di Governo della Zes. Serve una grande unità di intenti, serve interesse e amore esclusivo per la città che, oltretutto, ha finora mancato di alimentare una economia del mare che la renderebbe davvero competitiva anche sul piano internazionale, mentre oggi vede deprivata di circa il 50% la l’intera filiera mitilicola, a causa della mancata bonifica del Mar piccolo.
Patto, dunque, come elemento imprescindibile di partecipazione sociale ai molteplici processi di transizione in corso, cui la Cisl, che in questi mesi è impegnata nella raccolta-firme su una Proposta di Legge popolare per l’applicazione dell’Art. 46 della Costituzione, guarda rifuggendo da ideologismi e ricercando nuove opportunità di approccio con il sistema delle Imprese; approccio basato meno sul conflitto, ancor meno se strumentale e più sul confronto costruttivo, collaborativo, propositivo, senza rinunciare alla mobilitazione di piazza quale ultima istanza, principi più volte evocati dal nostro segretario generale Luigi Sbarra.
Crediamo che pandemia, guerra, crisi energetica, inflazione, possano bastare per comprendere che il braccio di ferro va lasciato alle competizioni sportive, giacché ora c’è necessità di competizione tra idee, proposte, soluzioni credibili e di tanta disponibilità al dialogo. Le situazioni complesse, non vanno affrontate con azioni eclatanti, populiste, estemporanee ed utili solo ad esigenze di immagine, specialmente se si tratta di dover dare risposte a chi ha già un lavoro che, però, viene messo in discussione dai cambiamenti in corso ed a chi un lavoro vorrebbe averlo ma è costretto ad abbandonare affetti e territori, contribuendo così, involontariamente, al disinvestimento economico e sociale più prezioso di Taranto e del suo territorio, quello della risorsa umana e della coesione sociale.
Papa Francesco ha consegnato al milione e mezzo di giovani che hanno partecipato alla GMG di Lisbona un messaggio forte e chiaro: “Non temete e continuate a coltivare sogni!”.
Ma per coltivare sogni c’è bisogno di seminare sul terreno giusto e tocca a noi adulti il compito di preparare quel terreno.
di Gianfranco Solazzo – Segretario Generale Cisl Taranto Brindisi
Taranto, 9 agosto 2023